Libro antico
Calcutta, 1296 (anno bengalese) corrispondente al 1811
Abstract/Sommario: Il Mahābhārata "La grande storia di Bhārata"), a volte chiamato semplicemente Bhārata, è uno dei più grandi poemi epici dell'India, insieme al Rāmāyaṇa, L'opera si presenta tutta in lingua bengali senza una parola di altra lingua.. - Contiene: Tomo 1 (v. 1 e 2) p. 1-639; Tomo 2 (v. 3) p. 641-1186; Tomo 3 (v. 4) p. 1187-1314; Tomo 4 (v. 6) p. 1683-2136 + pp 34.
Nella maggiore edizione pervenuta ai giorni nostri, il Mahābhārata consta di quasi 100.000 strofe (corrispondenti a quattro v ...; [Leggi tutto...]
Il Mahābhārata "La grande storia di Bhārata"), a volte chiamato semplicemente Bhārata, è uno dei più grandi poemi epici dell'India, insieme al Rāmāyaṇa, L'opera si presenta tutta in lingua bengali senza una parola di altra lingua.. - Contiene: Tomo 1 (v. 1 e 2) p. 1-639; Tomo 2 (v. 3) p. 641-1186; Tomo 3 (v. 4) p. 1187-1314; Tomo 4 (v. 6) p. 1683-2136 + pp 34.
Nella maggiore edizione pervenuta ai giorni nostri, il Mahābhārata consta di quasi 100.000 strofe (corrispondenti a quattro volte la Bibbia,) divise in 18 libri (parva) più un'appendice. Il poema raccoglie numerose storie e leggende che costituiscono buona parte del ricco patrimonio mitologico indiano. La trama centrale inizia circa 5200 anni fa, quando entrambi i figli del re Shantanu e della regina Sathyavati, Chitrāngada e Vicitravirya, muoiono senza lasciare alcun erede. Allora, Satyavati invitò il saggio Vyasa a fecondare le due vedove di suo figlio Vicitravirya: Ambika e Ambalika. Vyasa accettò, ma dato che l'ascesi lo aveva deturpato, il suo aspetto era poco gradevole.
Al momento del concepimento quindi, la prima delle vedove, Ambika, chiuse gli occhi per non vederlo. Vyasa predisse per tale motivo che suo figlio sarebbe nato cieco, sia fisicamente che spiritualmente.
La seconda vedova, Ambalika, resistette e non chiuse gli occhi, ma nonostante ciò non potette evitare di impallidire alla sua vista. Vyasa perciò predisse che suo figlio sarebbe nato itterico e che avrebbe vissuto poco.
Il tempo passò e i figli nacquero. Il primo, come predetto, nacque cieco e fu chiamato Dhritarashtra. Il secondo, itterico, fu chiamato Pandu.
Nonostante il figlio maggiore fosse Dhritarashtra, il trono venne ereditato da Pandu, a causa della cecità di Dhritarashtra.
Le due mogli di Pandu gli diedero cinque figli, avatar di altrettante divinità,[3] indicati con il patronimico Pandava. Dhritarashtra ebbe cento figli (non ciechi) indicati con il patronimico Kaurava.
Presto però i cugini si trovarono in contrasto: i Kaurava, figli dello zio primogenito, pretendevano il diritto al trono; i Pandava, figli del re Pandu, lo reclamavano ugualmente.
Questi contrasti continuarono ad inasprirsi, culminando, dopo esili, cospirazioni e varie traversie,[3] in una sanguinosa guerra che durò 18 giorni, portando a decidere sul campo di battaglia di Kurukshetra le sorti del regno di Hastinapura.
È durante questa guerra che viene ambientato il Bhagavad Gita (lett. Il canto del Beato), sicuramente il capitolo più popolare dell'opera, durante il quale Krishna, l'incarnazione Divina, assiste l'eroe Pandava Arjuna impartendogli una serie di insegnamenti volti a raggiungere la realizzazione spirituale.
La guerra viene infine vinta dai Pandava: sopravvivono solo otto guerrieri e qualche donna.[3] Yudhishthira, il fratello maggiore dei cinque Pandava, diventa il nuovo re, regnando per trentasei anni.
L'epopea termina con la morte di Krishna che conclude l'era del Dvapara Yuga e dà inizio all'ultima era, quella dek Kali Yuga. (Informazioni da Wikipedia)