Abstract/Sommario: Dopo un dormiveglia durato circa sessant’anni, con il solo momentaneo risveglio della legge Ronchey dei primi anni Novanta, la legislazione in materia di beni culturali ha subito in Italia un'improvvisa accelerazione. In cinque anni, tra il 1999 e il 2004, sono stati emanati due provvedimenti globali – il Testo Unico e il Codice dei beni culturali e del paesaggio- e lo stesso ministero della cultura, non solo ha cambiato nome, ma è stato riformato per ben due volte. Tanto attivismo do ...; [Leggi tutto...]
Dopo un dormiveglia durato circa sessant’anni, con il solo momentaneo risveglio della legge Ronchey dei primi anni Novanta, la legislazione in materia di beni culturali ha subito in Italia un'improvvisa accelerazione. In cinque anni, tra il 1999 e il 2004, sono stati emanati due provvedimenti globali – il Testo Unico e il Codice dei beni culturali e del paesaggio- e lo stesso ministero della cultura, non solo ha cambiato nome, ma è stato riformato per ben due volte. Tanto attivismo dopo gli anni sonnolenti, seppur ricchi di dibattiti, che hanno caratterizzato il secondo dopoguerra e hanno fatto seguito alla costituzione del ministero per i beni culturali nel 1975, non può non preoccupare. Se la storica legge fondamentale di tutela, la 1089/1939, si basava su due capisaldi fondamentali, la centralità dello Stato nell'azione di tutela e di gestione del patrimonio culturale, e la prevalenza degli interessi pubblici su quelli privati, gli ultimi quindici anni hanno visto sia una sempre più accentuata promozione del ruolo del privato, che dalla marginalità dei "servizi aggiuntivi" è approdato alla possibilità di gestione diretta dei beni culturali, sia la frantumazione dell'unitarietà dell’azione di tutela, evidente nella regionalizzazione delle competenze e nell'indebolimento dei presidi territoriali, le vecchie soprintendenze, costrette a lasciare sempre più spazio a una complessa e improduttiva burocrazia ministeriale. Questo volume, il secondo della collana di Museologia della Jaca Book diretta da Giovanni Pinna, lungi dall’essere un commento giuridico, propone un’analisi in chiave culturale del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Attraverso interventi che provengono da esperienze diverse -museologia, storia dell’arte, architettura e scienze della natura- il libro analizza, e ove necessario critica, le premesse politiche e le considerazioni sociali che hanno generato il Codice, e che, attraverso di esso, hanno posto le premesse per un progressivo abbandono della gestione pubblica del patrimonio nazionale. Il volume si chiude con un’appendice normativa in cui sono riportati il Codice completo delle ultime modifiche legislative, la legge di riforma del ministero e il relativo regolamento che ne completano l'architettura sotto il profilo operativo