Monografia a stampa
Chiesa cattolica e Cina comunista : Dalla rivoluzione del 1949 al Concilio Vaticano 2.
Brescia : Morcelliana, 2007
Abstract/Sommario:
ll'assoluta «incomunicabilità tra missionari e comunisti conseguì una pesante solitudine dei cattolici cinesi davanti a un problema molto complesso di rapporti con il nuovo potere politico. Quest'ultimo voleva imporre loro di rompere i legami con Roma e con i cattolici stranieri per inserirsi in nuove strutture "autonome" e sotto il controllo del partito. Alle vicende che ne conseguirono, e in particolare agli sviluppi del movimento patriottico cattolico, fino alla fondazione ufficiale ...; [leggi tutto]
ll'assoluta «incomunicabilità tra missionari e comunisti conseguì una pesante solitudine dei cattolici cinesi davanti a un problema molto complesso di rapporti con il nuovo potere politico. Quest'ultimo voleva imporre loro di rompere i legami con Roma e con i cattolici stranieri per inserirsi in nuove strutture "autonome" e sotto il controllo del partito. Alle vicende che ne conseguirono, e in particolare agli sviluppi del movimento patriottico cattolico, fino alla fondazione ufficiale dell'Associazione patriottica dei cattolici cinesi, avvenuta a Pechino durante l'estate del 1957, è dedicato questo libro».
Il volume di E. Giunipero racconta una storia difficile e tormentata, con una tesi che farà discutere: l'Associazione patriottica e il cattolicesimo disponibile al confronto con il potere comunista non sono assimilabili ai tentativi messi in opera nei regimi comunisti dell'Europa dell'Est, e rappresentano un legittimo tentativo per fare sopravvivere il cattolicesimo in Cina. La difficoltà a qualificarli come scismatici e l'attuale situazione di riconoscimento quasi generale all'episcopato «patriottico» mostrano l'onestà di un «modus non moriendi» che gli occidentali e la Santa Sede non sempre hanno compreso.
La ricerca, effettuata attraverso una decina di archivi, parte dall'inizio del Novecento e dalle disposizioni di Benedetto XV (Maximum illud), che avviano in forma decisa un profilo autonomo per la Chiesa locale in Cina, indirizzando le 144 circoscrizioni ecclesiastiche (con circa 8.000 preti di cui 2.500 cinesi) verso una «naturalizzazione», premessa per chiudere definitivamente la questione dei «riti cinesi» (con il decreto Plane compertum, emanato da Propaganda Fide nel 1939). Uno sforzo spezzato dalla guerra civile e dalla rivoluzione comunista, che dal 1949 fa della Cina una repubblica socialista.
Il nuovo potere avverte la non compatibilità con la tradizione cattolica e cerca, attraverso la dottrina delle tre autonomie (autogoverno, automantenimento, autodiffusione), di piegare le religioni (buddhismo, taoismo, islam, protestantesimo e cattolicesimo) alla logica dell'egemonia del partito. Solo dopo molti tentativi (dalla persecuzione verso i controrivoluzionari all'espulsione di tutto il personale ecclesiale straniero; dall'imposizione ideologica alla centralità del nazionalismo; dall'azione sulle Chiese locali all'indirizzo in sede nazionale) prende il via l'Associazione patriottica dei cattolici cinesi, proposta come organizzazione politico-sociale più che religiosa. Il percorso non è solo espressione di una pertinace volontà ideologica, ma anche di un progressivo mutamento interno alle comunità: la convinzione che il bene della Chiesa richieda una maggiore adattabilità al sistema. Rispetto alla grande storia del martirio e a testimonianze inattaccabili come quella del vescovo di Shanghai, Ignazio Gong Pinmei, si affiancano figure come il vescovo eletto di Hankou, mons. Dong Guangqing, che nel 1958 annota: «Noi viviamo in questo sistema sociale verso cui tutti si dirigono, così che noi non possiamo agire altrimenti. I sacerdoti più sapienti tra noi, ripetutamente, considerata ogni cosa, per la propagazione della fede e la salvezza delle anime dei cristiani, giudicano che questo nostro modo di agire sia più sicuro e noi abbiamo la coscienza tranquilla».
Al progressivo irrigidimento del regime, che sovrappone al ruolo politico dell'Associazione patriottica anche quello religioso, e che non distingue più fra rapporto spirituale con Roma e rapporto istituzionale, fa da controcanto una crescente consapevolezza della cattolicità e della Santa Sede: pur ferme nella condanna dei tratti illeciti (ad esempio nelle ordinazioni episcopali), entrambe si fanno sempre più attente a non qualificare come «scisma» la condizione dei cattolici cinesi. Il mancato incontro delle due linee mostra tuttavia che il futuro del cattolicesimo cinese non sta né fra i resistenti né fra i patriottici, ma piuttosto nella creativa fusione di due storie, cariche di martirio e di sapienza. Una sintesi che gioverebbe all'intera Chiesa cattolica.
(Lorenzo Prezzi)
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