Note
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Jiaoyou lun (Trattato sull’amicizia), scritta aNanjiang 1595.. - L’operetta, detta anche, già a partire dal Ricci, ‘De amicitia’, è una raccolta di sentenze morali sul tema dell’amicizia desunte da autori occidentali. Venne composta nel 1595 su invito del principe imperiale Qian Zhai ed a lui per primo donato. E’ opera del Ricci che ha appena dismesso l’abito disprezzato del bonzo per vestire quello onorato del letterato. “Più si fa nella Cina con libri che con parole”, egli scrive spesso in quegli anni ai confratelli in Europa, dove tutto o quasi era affidato alla predicazione. Ed infatti, i “detti di amicizia”, valsero al suo autore l’appellativo di ‘scengen’ (qualcosa come saggio ispirato, santo). Ebbero diverse ristampe ed un successo tra i letterati cinesi molto superiore a quello sperato da lui e compagni. I quali, stranieri in una terra dove c’era “grande suspicione di forestieri”, dopo le accuse, la diffidenza e gli sgarbi subiti, sentirono di essere finalmente stimati per uomini “di lettere, d’ingegno, di virtude”, per saggi che amavano prima di tutto la verità. Ricci, ringraziandone Dio, mostra di godere molto degli effetti di quella stima: quando si tratterà di parlerà della vera fede -fa capire- saranno meglio creduti quelli che hanno fama di non mentire (Lettere, p. 338).. - Jiaoyou lun è la prima autonoma composizione del Ricci in cinese. Inviandone, nel 1599, “la dichiarazione in italiano” al confratello e concittadino Gerolamo Costa, Ricci avverte che essa “non potrà avere la gratia che tiene la lingua cina, perché io in tutto mi accomodai a loro, e dove era bisogno, mutai in alcuna cosa i detti e sententie de’ philosophi nostri [e] alcune cose presi di nostra casa” (Lettere, p. 363). In quel suo “accomodamento”, nella sua ormai buona conoscenza, cioè, della cultura cinese, nella interazione con essa, stavano le ragioni del successo dell’opera. Notevole, nella stessa lettera al Costa, l’affermazione circa il “nulla osta” ecclesiastico a questa sua operetta morale: “Io non la stampo né posso, perché per stampare alcuna cosa qua bisogna tante licentie de’ nostri, che io non posso mettermi a niente, e là vogliono rivedere le cose in Cina che non sanno e non ponno vedere” (Lettere, p. 364). Quelli “che non sanno e non ponno vedere” sono gli Inquisitori di Goa, a cui il Ricci sfugge lasciando la stampa delle sue opere (ovviamente solo quelle di carattere non dottrinale) ad amici e ammiratori cinesi.. - . - Jiaoyou lun ebbe in Cina ampia circolazione con le edizioni fatte tra il 1599 ed il 1603, ma se ne fecero anche successivamente. Molto probabilmente del 1601 è l’edizione curata da Feng Yingjing (1555-1606), che ne fece anche “un illustre proemio”. Feng, letterato e funzionario imperiale, grande estimatore del Ricci, fece stampare il Trattato a tutta insaputa e con felice sorpresa dell’autore (sull’episodio e sul personaggio si veda il racconto del Ricci in Della entrata… lib.IV, cap.XV). . - In Italia venne stampata più volte nella seconda metà dell’ottocento. Edizioni più recenti: Ricci Riccardi A., Il P. Matteo Ricci della Compagnia di Gesù e la sua missione in Cina, Firenze 1910. - Gné Yong Lien, Dehergne J., Le « Traité de l’amitié de Matthieu Ricci », in « Bulletin de L’Université l’Aurore », (1947), Shanghai, pp.571-619. - D’Elia P.M., Il trattato sull’amicizia. Primo libro scritto in cinese da Matteo Ricci S.I. Traduzione antica (Ricci) e moderna (D’Elia). Fonti, introduzione e note, in “Studia Missionalia”, 7 (1952), pp. 449-515.
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